Luigi Tecce è uno di quei personaggi di cui il mondo del vino non può che andare fiero. Un uomo, complesso nella sua semplicità e ampio nella sua genuinità, che vive visceralmente il rapporto con la sua terra. La racconta con voce tremante e la sublima nel vino. Senza utilizzare articolazione linguistiche e sovrastrutture congetturali pesanti e stucchevoli. Luigi Tecce è la naturalità e la biodinamicità fatta persona.
I vini gli vengono semplicemente buoni, come semplice è stato il gesto di attaccare un’etichetta alle bottiglie che produceva ormai da anni.
La 2008 è un’annata baciata da madre natura, andamento stagionale perfetto in quella zona della Campania dove nasce il Taurasi. Perfezione – termine sicuramente azzardato ma spesso dovuto – che ritroviamo nel bicchiere, dove pochi millilitri sintetizzano una passione opulenta, limpida e persistente per un lavoro a mani nude in vigna e in cantina.
Potremmo parlare di vinificazione in anfora, di tonneau, di acciaio e di vetro. Potremmo parlare di colori, sentori, nuance, acidità, alcol, retrogusto e tutte quelle caratteristiche organolettiche tanto care a noi commentatori del vino. Ma oggi tutto questo sarebbe di troppo. Oggi tutto questo stonerebbe con l’essenziale gesto del sorso. Ecco, Luigi Tecce ed il suo Poliphemo non sono niente altro che un sorso.
Enrico Nera (www.parliamodivino.com)
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