Spesso mi trovo a ripetere: l’Aglianico del Vulture nei prossimi anni conquisterà il mercato interno ed esterno ai confini nazionali. Qualcuno obietterà che la conquista è già avvenuta, io sono invece sicuro che siamo ancora in una fase iniziale e i margini di crescita (qualitativi e di diffusione del nome) sono ancora molto ampi. Ogni volta che bevo un Synthesi il convincimento si solidifica.
La Paternoster è stata una delle prime aziende a riconoscere il potenziale qualitativo del binomio Vulture-aglianico. Questo avvenne nel 1925 quando Anselmo Paternoster decise di iniziare a vendere le bottiglie di Aglianico che già da molti anni venivano prodotte per deliziare il palato della famiglia.
Da molti viene considerato il fratello minore del Rotondo e del Don Anselmo; io credo invece che sia un vino dalla stessa maturità e dallo stesso spessore caratteriale degli altri due. Ma è semplicemente diverso. Tende ad essere diretto e spesso spigoloso, un irrequieto presuntuoso: è bello e buono e sa di esserlo.
Viola brillante e profondo. Note di lamponi e more con un leggero pepe verde vengono percepite prima dal naso e poi dalla bocca, dove a stento il tannino riesce (ma forse proprio non vuole farlo) a tenere gli acidi e le sostanze minerali: è scontato dirvi che in gola sentirete un pizzico finale.
Puledro e fagiano potrebbero essere i giusti compagni durante il viaggio in fondo al nostro stomaco.
Enrico Nera (www.parliamodivino.com)